Si può pensare con massima probabilita per non dire certezza, che la vita di San Donato si svolse da circa il 240 al 304. Possiamo affermare che egli era aretino (di Arezzo): il clero ed il popolo cristiano, che secondo il costume di quei tempi procedevano alla scelta ed all'elezione del nuovo vescovo, erano soliti eleggere a loro pastore il sacerdote più in vista della diocesi per la sua virtù ed i suoi meriti. Non sappiamo assolutamente nulla dei genitori di San Donato e neppure della sua infanzia, giovinezza e della sua educazione: quanto ci è detto dalla passione e fantasia. Due cose possiamo affermare con una certa probabilità: la prima si è che i suoi genitori, o ancora pagani o già diventati cristiani misero al loro figlio un nome che indica la loro pietà e che risultò perfettamente indovinato: "donato", cioè un figlio regalato dalla bontà di Dio. La seconda si è che quando Donato era giovinetto, sui dieci-quindici anni circa, nell'anno 250 la persecuzione dell'imperatore Decio (la prima persecuzione anticristiana veramente universale e metodica) fece tra i cristiani di Arezzo i primi due martiri: i giovani fratelli Lorentino e Pergentino; e possiamo essere sicuri che I'avvenimento dovette fare un'impressione grande su Donato. Quando e come entrasse tra il clero non sappiamo; possiamo solo affermare che la sua carriera ecclesiastica (dagli ordini minori al diaconato ed al sacerdozio) si svolse sotto l'episcopato di Satiro. Senza dubbio riflette la situazione dei fatti l'affermazione della Passione che il vecchio Satiro amava e stimava moltissimo il suo sacerdote Donato. Del resto la stima e la venerazione che il clero ed il popolo aretino aveva verso Donato ci è testimoniato dal fatto della sua elezione all'episcopato quando Satiro, verso il 280-285 morì. Chi di fatto consacrò vescovo San Donato? Impossibile dirlo; ma poiché la diocesi aretina apparteneva all'area metropolitana facente capo al papa-vescovo di Roma, e molto probabile che la consacrazione episcopale sia stata conferita a San Donato o dal sommo pontefice Sant'Eutichiano (275-283) o da San Caio (283-296). Della sua attività episcopale pur non conoscendola affatto nei dettagli si può affermare che fu lunga e che fu fortemente missionaria: siamo sicuri che San Donato fu il grande apostolo della diffusione del Vangelo nel vastissimo territorio del municipio romano aretino, sui confini del quale si era modellata la diocesi paleocristiana di Arezzo, ed anche oltre questi confini.
Due argomenti ci fanno certi di questo: 1°) nel processo che San Donato subì nel 304 e del quale diremo, l'unica accusa che gli venne rivolta fu quella di aver predicato il Vangelo e di aver convertito un gran numero di pagani nonostante il severo editto imperiale (di Diocleziano e Massimiano Erculeo) che proibiva la predicazione cristiana. Se cosi il santo vescovo agì in quegli anni di persecuzione e di dura repressione si può immaginare quale sia stata la sua azione apostolica negli anni che vanno da circa il 285 al 303) che furono di relativa pace per la Chiesa. 2°) La persecuzione di Diocleziano fece dei martiri anche nelle zone più periferiche della diocesi aretina: per esempio, nella Valle dell'Ombrone, San Marcellino di Pava; nella Valle dell'Arbia, Sant'Ansano di Dofana; e questo ci dimostra quale dinamismo di diffusione del Vangelo ci fosse in quelle zone e di conseguenza, quale spinta venisse dal centro della diocesi cioè in definitiva dal vescovo Donato. Fu il testimone più vicino del miracolo del calice. Anche a lui diacono e martire l'antica Chiesa aretina portò grande venerazione e due pievi paleocristiane gli vennero dedicate: nell'alta Valle del Tevere e nella Valdorcia.
La più importante novità dei recenti studi agiografici riguardanti San Donato è la scoperta, di una pagina che ci conserva gli atti autentici del martirio del santo. L'intuizione che ha portato alla scoperta è stata del Prof. Alfredo Maroni di Siena ed ha ricevuto buona accoglienza nel campo degli studiosi. Si tratta di una pagina sublime, piena di semplicità e di commozione religiosa, che si isola facilmente dal testo pletorico e magniloquente dell'autore della Passione. "Dopo che il vescovo Donato era stato incarcerato, l'augustale Quadraziano dette ordine di approntargli il tribunale nella città di Arezzo e di condurre Donato alla sua presenza". Si noti che Quadraziano, presentato con il titolo assai onorifico di "augustale" (e non è improbabile che facesse parte proprio del collego sacro degli augustali di Arezzo) era il governatore (= corrector) cioè la suprema autorità della regione Tuscia-Umbria ed aveva la residenza abituale a Firenze. "Appena il vescovo Donato gli fu dinanzi cosi lo redarguì: I clementissimi Augusti, nostri signori, hanno proibito con pubblico editto ad ogni cristiano di annunciare e diffondere la propria religione. Tu invece, al contrario, hai continuato a predicare alle popolazioni persuadendole a seguire una dottrina contraria alla religione tradizionale". I due Augusti, Diocleziano e Massimiano, avevano pubblicato il primo editto persecutorio nel febbraio del 303: con esso si proibiva il culto cristiano, si ordinava la confisca dei libri e dei vasi sacri, la distruzione delle chiese e l'esclusione dei cristiani dai pubblici uffici. Nell'autunno del 303 seguirono altri due editti: col primo di essi si ordinava l'arresto di tutti i membri del clero in modo speciale dei vescovi; col secondo di essi si autorizzava la liberazione dei carcerati se questi avessero acconsentito ad offrire sacrificio alle divinità pagane. Nell'aprile del 304 uscì il quarto e più feroce editto: si prescrisse di sacrificare agli dei a tutti gli abitanti dell'Impero e si dette ordine di punire chi si fosse rifiutato di farlo con i supplizi, la morte o con la condanna alle miniere. "Rispose il vescovo Donato: Ho invitato ed esortato il popolo ad adorare Gesù Cristo con tranquilla coscienza perché sono sicuro che egli è il Signore. Gli disse Quadraziano: Per la clemenza degli Augusti nostri signori, se tu non ubbidirai ai loro editti e non offrirai sacrificio agli dei ti farò bruciare. "Rispose il vescovo Donato: Quali sono gli ordini dei nostri signori? Gli disse Quadraziano: Che tu devi offrire un sacrificio agli dei immortali, solo facendo questo potrai rimanere in vita". E' facile sentire in questo dialogo (che è un riassunto fatto da un testimone oculare o almeno da uno che aveva ascoltato i testimoni oculari del processo) gli echi e talvolta le precise parole degli editti di Diocleziano e Massimiano specialmente del secondo e terzo di essi. Ma è chiaro che San Donato non potrà mai acconsentire a barattare la sua vita con la fede e perciò il dialogo prosegue con la seguente fiera risposta del Vescovo: "Rispose il vescovo Donato: Offrano pure il sacrificio quegli infelici che non credono in Cristo figlio di Dio. A queste parole Quadraziano si adirò e comandò di percuoterlo con una pietra sulla bocca. E mentre veniva colpito il vescovo Donato disse: Questo l'ho sempre desiderato". Si noti la spirituale bellezza di questa scena, come pure l'originalità dell'espressione detta da San Donato: Questo (cioè il soffrire per il Signore) l'ho sempre desiderato. A Quadraziano non rimane altro che procedere alla prova di fatto. Quadraziano disse: Portatemi un tripode! (cioè un piccolo braciere per il sacrificio dell'incenzo). Poi fece portare una piccola statua della dea Giunone e comandò a Donato: Offri il sacrificio alla dea Giunone!" E' interessantissimo notare (anche a riprova della veridicità della pagina) come la statua portatile fatta recare da Quadraziano rappresenti la dea Giunone: risulta da tanti indizi che questa dea doveva essere particolarmente venerata in Arezzo; a questa dea infatti appare dedicato il grandioso tempio di Castelsecco nella periferia della città. Dagli ultimi recenti scavi archeologici risulta risalire, nelle poderose fattezze della sua cinta che ancora ammiriamo e nel piccolo teatro annesso al tempio, all'inizio del I secolo a.C. "Rispose il vescovo Donato: Sacrifica pure, tu, ai tuoi dei che non sono altro che demoni; per parte mia intendo offrire sacrificio soltanto al Signore Gesù Cristo. Quadraziano augustale dette ordine di riportare Donato nel carcere e di infliggergli la pena capitale mediante decapitazione. Era il giorno 7 agosto del 304; il suo corpo venne raccolto dai cristiani e sepolto nei pressi della città di Arezzo". La persecuzione durò fino al maggio dell'anno successivo cioè fino all'abdicazione di Diocleziano. Ormai si approssimava la pace costantiniana.
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